venerdì 7 dicembre 2018

la sedia


una sedia
accanto
al cassonetto
dell'immondizia

è in legno
rifinita
con stoffa
di rosso scuro

ha una gamba rotta
ed è proprio li
sradicata..
gettata...


mi pare una 
vecchia zingara
accasciata
che chiede
disperata
elemosina

una sedia così
come tante...
invalida
in un mondo
di eccessi







pioggia



ah la pioggia
ancora scende
consumando
il selciato

le macchine 
procedono
lente
e le persone
vanno
di fretta

il bar
dell'angolo
sembra
un'astronave
appena
atterrata

un cane
solitario
incurante
annusa
lentamente
l'aria

questa pioggia
che batte
dal mattino
alla sera
incessante

è un pungolo
un piccolo dolore
che sopporto
infastidito

nello spazio
di un respiro
il vuoto
della goccia
che batte 
al mio cuore





sotto il leccio



Immaginavo 
finisse così..
sotto
l'ampio
leccio
della villa
mi lasciavo andare
ai pensieri
mentre il vento
e la corsa
imprevedibile dei
cani 
attorno
a me
riempivano
la vita
di vita.

Del resto,
avevo letto
oppure sentito,
non ricordo bene
dire che
"si muore sempre soli"
così
vale
anche per gli affetti

questi nascono
e poi
muoiono
nella nostra
anima
in completa
solitudine
abbandonati
rinchiusi
nella
spettrale
gabbia
di ricordi
profanati
dal
senso 
di dolore..
mi piego ma non mi spezzo
così dovrebbe..
ma oggi
piegandomi
mi spezzo

giovedì 6 dicembre 2018

la signora O'Flaerty



la signora O'Flaerty
è grassa e ingombrante

si addormenta
nel pomeriggio
spiaggiata
sulla
scricchiolante
sedia a dondolo

E la guardo
dal fondo della strada
sullo sterrato
bianco
proprio
di fianco
al suo mutilato
giardino
non un fiore
solo sterpi
e erba volgare

sembrerebbe non avere vita
è una enorme pianta
grassa
ora
dimenticata
in un angolo
e lasciata
semplicemente
li

la signora O'Flaerty
non la senti cantare,
non la vedi sorridere,
e
neppure
parlare
è
pietra
dimenticata
in riva ad un
fiume
seccato
 in perenne attesa...

non pensa più
al domani
lascia che il tempo
scorra
e scivoli
sulla sua pelle grassa
e incolta
come il suo povero
giardino

La signora O'Flaerty
potrebbe non esserci
o non essere mai stata
nessuno
potrà mai dire
qualcosa di lei
sola...
così
la ricorderò.


















naufragio





un
naufragio
tra flutti
bianchi
dimenticati
dal
sole

è quell'essere
giovane
ancora
e
scardinare
la serratura....
arrugginita
e
ora..
sabbia
tutt'intorno

è
il deserto
infine
della vita
che si espande
despota
dei miei
sensi.

io
non sarò
più
ciò
che
ero.


il marinaio



il marinaio
vive al terzo 
piano
di Mueller House

beve di giorno
e vive la notte
si accascia 
spesso
prima di salire

non sai mai se 
muore....
di certo
rinasce 
ogni volta

siede sulla vecchia
sedia di legno
in bilico....

scruta 
fumando
l'umanità che
si agita,
come marea,
ai suoi piedi

è amico
del sole
del lampo
della pioggia
ha perso 
la parola
dicono
inseguendo
quella sua
Moby Dick

ha un taglio
sull'occhio
e una mano
con un dito
d'oro

non credo
resisterà a lungo
qui a Mueller House

ha già chiuso
gli scuri
e alzato le vele...

un forte odore di 
tabacco...

tutto 
qui.




incoerente




luccicante e tirato a lucido
cerco un'ombra
..e la ottengo...

la pendola di sala,
esplode.. 
al battere dell'ora

nella mia forma incoerente
salgo lentamente le 
scale
e domando a voce, 
prima di suonare
ad ogni porta,
se qualcuno,
o qualcosa
viva 
aldilà del muro

nessuna risposta
è la risposta
ed io sconsolato 
e appagato, 
oh che strana assonanza dell'essere,
rientro 
scivolando


mi salva il mio essere vivo
e la mia 
disperata 
ricerca
del nulla