lo chiamavo il Faina
dal suo sguardo aguzzo
il sorriso sibilante
il corpo diafano
e le ali ai garretti
saliva sulle vette
e pareva mantice d'officina
dalla scura bici arroventata
potevi udire note gravi e acute
e in discesa sospeso
come aquilone sospinto
il filo teso guidava
il "faina" aveva fame
divorava la ruota
disgregava le anime
maniscalco creatore
menava a dritta e manca
turbine, uragano, buriana improvvisa,
stordimento
il "faina".... gridavano al cielo
il "faina"... urlavano a Dio
e lui penetrante, avvolto tra spire
curvato, storpiato e legnoso
come bastone di vecchio
aggrappato nell'ultimo passo,
incendiava il traguardo
e poi tutta una calca, una rincorsa, un agitarsi,
una fornace accesa
come di anime liberate da Purgatorio in attesa del Verbo Creatore
e il "faina" stordito tra loro
disarcionato e atterrito come di strega al rogo purificatore
strappava e gettava sorrisi
avanzando...
piè lento....
piè lento....
nel gabinetto....dell'esaminatore.
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